Elezioni in Francia, François Dubet: “Paese diviso fra grandi città e province distanti”

François Dubet, sociologo, fa un'analisi del risultato delle elezioni in Francia scaturito dal primo turno elettorale. Dalla lacerazione fra centri metropolitani e province remote, che sentono Parigi lontana, e la novità di un voto giovanile che si sposta in base ai valori dominanti nel territorio.

Marco Cesario

Parliamo del primo turno di elezioni in Francia e dell’elettorato giovane.  Nelle passate tornate elettorali i giovani avevano più a cuore i temi ecologici e le tematiche sociali portate avanti dalle sinistre. Il sondaggio pubblicato da Harris Interactive per Challenges  cevidenzia un aumento del 14,1% rispetto al 2022 del voto dei 18-24enni al Rassemblement National. Come mai questo spostamento?
La caratteristica delle ultime elezioni è che l’elettorato del Rassemblement National somiglia sempre più all’elettorato medio. Finora, cioè, si trattava di persone provenienti dalla campagna, di operai e impiegati. Ora comprende manager, impiegati pubblici e alcuni giovani che avevano già votato in passato per l’estrema destra. Immaginiamo sempre che i giovani siano molto diversi dagli altri, la verità è che sono attraversati dagli stessi scivolamenti di valori degli adulti. I giovani studenti delle città tendono a votare per la sinistra, mentre i giovani che lavorano in campagna tendono a votare come gli adulti. Non è un mistero.

Nelle intenzioni di voto si è notata anche una differenza sostanziale tra la Francia più profonda, rurale, la Francia dei piccoli centri e, come lei diceva, delle grandi città.
La mappa elettorale è spettacolare. La maggior parte della Francia vota Rassemblement National, tranne nel caso di alcune grandi città che stanno prosperando, grandi città ricche. In un’ipotetica lista si potrebbero annoverare Caen, Rennes, Nantes, Bordeaux, Tolosa o Montpellier (mentre Marsiglia e Nizza hanno votato in maggioranza per Le Pen e Bardella, ndr). Ora, abbiamo chiaramente un elettorato urbano e un elettorato rurale. Quando parliamo di elettorato rurale non intendiamo esclusivamente la campagna e gli agricoltori, ma le persone che vivono nelle piccole città, nei piccoli centri. È chiaro che c’è un divario geografico drammatico. Lo stesso divario esiste tra i poveri: i poveri delle zone rurali votano massicciamente per il Rassemblement National, i poveri delle città votano di più per l’estrema sinistra. Il divario è dunque tra città e territori che si sentono abbandonati dallo Stato.

Il dato saliente delle elezioni europee e del primo turno delle legislative è la quasi scomparsa dei verdi e delle tematiche legate al cambiamento climatico. Come si spiega?
C’è ancora accordo sull’importanza dell’ecologia. È ovvio che dopo le rivolte dei gilet gialli del 2018 e del 2019 c’è stata un’inversione di tendenza, poiché l’ecologia è stata percepita come una politica violenta, antisociale, europea. Molto spesso, inoltre, i movimenti ecologisti si sono mostrati così radicali da creare dissenso nella società civile. Il Rassemblement National, dicendo di essere ostile alle politiche ecologiche, sta sostanzialmente accontentando gli agricoltori, le persone che hanno l’automobile, le persone che devono rifare la casa, ecc. È una grande sconfitta per l’ecologia.

Il Presidente della Repubblica Emanuel nel corso del podcast Génération Do It Yourself ha stigmatizzato il Rassemblement national e La France insoumise i cui programmi, a suo avviso, porterebbero entrambi “alla guerra civile”. Cosa pensa di questa affermazione?
Credo che il Presidente si riferisca alle cosiddette rivolte urbane che si sono verificate in Francia un anno fa e che sono caratteristiche di questo Paese, vale a dire la rivolta dei giovani nelle periferie, che si ribellano alla violenza della polizia e così via. Vi ha accennato, e devo confessare che ritengo estremamente inappropriato che il Presidente della Repubblica faccia questo tipo di dichiarazione. Perché in un certo senso si ha la sensazione che stia invocando la guerra civile per salvare esclusivamente il suo potere. Dal mio punto di vista, questo è un atteggiamento totalmente irresponsabile. È anche vero che non siamo immuni dalla violenza nelle periferie, dalla violenza dei movimenti radicali, dalla violenza dell’estrema destra. Certo, il rischio c’è, ma arrivare a parlare di guerra civile è comunque eccessivo.

In un recente sondaggio su BFMTV, il 21% delle persone concorda con le parole del Presidente Macron. E in un altro sondaggio sull’estrema sinistra effettuato dallo stesso canale, il 42% delle persone intervistate paventa lo spettro della guerra civile nel caso in cui France Insoumise acceda al potere. Mentre è il 40% a paventare lo stesso pericolo nel caso in cui sia invece il RN ad accedere al potere.
A mio avviso c’è anche il pericolo concreto che, se l’estrema destra salirà al potere, ci possano essere rivolte violente nelle periferie, nelle zone più difficili. Ma parlare di guerra civile è, direi, estremamente irresponsabile. Ma indubbiamente il rischio di violenze esiste. Questa violenza si cristallizzerà sia in una parte della sinistra, tradizionalmente un po’ violenta, sia nel rischio di violenza da parte dell’estrema destra.

La situazione delle banlieues, dopo la morte di Naël e le rivolte nelle periferie si è un po’ calmata, ma potrebbe riaccendersi dopo il secondo turno?
Se c’è una cosa che non si può prevedere sono le rivolte urbane. Basta un episodio di violenza da parte della polizia o una manifestazione razzista tra otto giorni e le cose potrebbero ricominciare. E’ un rischio costante ed è assolutamente impossibile da prevedere. Una domanda sul secondo turno delle elezioni.

Pensa che un ipotetico Fronte Repubblicano possa ostacolare il Rassemblement National o è solo una chimera?
Dal punto di vista politico, non sappiamo cosa accadrà. È possibile che il Rassemblement National non ottenga la maggioranza. Questo non significa che dall’altra parte ci sia un fronte repubblicano, perché le persone che si oppongono al Rassemblement National non sono affatto d’accordo tra loro e non costituiscono nemmeno una possibile maggioranza. Quindi avremo ancora una crisi politica, il che significa che probabilmente non ci sarà una maggioranza alla fine delle elezioni. Le compagini ostili al Rassemblement National non sono oggi in grado di formare un governo.

Crede all’ipotesi che Macron possa dimettersi se non si riuscisse a ottenere un assetto di governo stabile?
Impossibile a dirsi. Quello che abbiamo imparato nelle ultime settimane è che Macron è diventato imprevedibile. Quindi cosa farà? Non ha più la maggioranza, ma anche i suoi stessi parlamentari non lo sostengono più (diversi politici del suo schieramento sembrano aver preso le distanze da Emmanuel Macron, tra cui l’ex primo ministro Edouard Philippe, il ministro dell’Economia Bruno Lemaire e il primo ministro Gabriel Attal, ndr) Quindi cosa sarà in grado di fare? È difficile dirlo. In questo momento storico si ha la sensazione che Emmanuel Macron possa fare qualsiasi cosa.

CREDITI FOTO: Matthieu Riegler /Kyro/Wikipedia



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