Giorgio Morandi: 60 anni di silente poetica

Il 18 giugno 2024 segna sessant’anni dalla scomparsa di Giorgio Morandi, uno dei più grandi maestri d’arte del XX secolo. Attraverso il clamore nel silenzio e la "severa elegia luminosa" delle sue nature morte ha saputo estrarre l’assoluto dal quotidiano, invitandoci a guardare oltre il sensibile.

Maria Laura Toncli

Una umile vita familiare priva di significativi eventi trascorsa tra le mura di Via Fondazza a Bologna e la
tanto cara Grizzana, che nel 1985 ha modificato il proprio toponimo aggiungendovi il cognome del suo
artista d’elezione.A febbraio del 1930 ottiene “per chiara fama” e “senza concorso” la cattedra presso
l’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Profondo è l’interesse che Morandi sviluppa per l’arte italiana del passato: nel 1910 è a Firenze, dove
può contemplare i capolavori di Giotto, Masaccio e Paolo Uccello. Egli conosce perfettamente la
prospettiva ed è proprio per questo che sceglie di utilizzarla quando vuole, così come tutte le
convenzioni che in pittura si usano per il reale. Nonostante le profonde radici nel passato, Morandi non
era sordo al nuovo. Nella fase tra il 1914 e il 1919 sperimenta infatti ogni linguaggio artistico possibile
grazie ad una profonda conoscenza costantemente aggiornata di tutto il panorama culturale delle
avanguardie, pur senza quasi spostarsi dal suo luogo di origine. Imprescindibile e lapalissiana
l’influenza di Cezanne nell’opera Bagnanti del 1915, in cui i corpi deformati si struggono nello sfondo.
Per un artista del XX secolo lo studio è tutto: è il luogo del pensiero, della trasformazione, della
creazione e della vita, una vera e propria proiezione del sé. Per il “pittore del silenzio”era la sua camera
da letto di Via Fondazza,in cui era solito dipingere esclusivamente a luce naturale. Aveva scelto
l’angolo segreto della casa, simile a quello che ognuno di noi protegge nella più fragile increspatura
dell’anima.
La sua arte va esperita dal vero: occorre una grande fiducia per lasciarsi guidare nel suo “piccolo
mondo antico” ed entrare in dialogo con la sua pittura, arrivando all’anima delle sue opere. Il repertorio
che mette in scena nelle sue nature morte sono banalissimi oggetti che si procurava dai rigattieri:
bottiglie, scatole di latta e di Ovomaltina, bricchi e tazze che nessuno voleva più. Soprattutto, sono
oggetti visti nel loro tempo: rigorosamente mai spolverati. Prima di disporli sul piano di posa, Morandi li
ricopre o li riempie di gesso, dissolvendo così ogni connotazione realistica. Ma la protagonista
indiscussa delle sue opere è la luce: tersa e trasparente che tutto abbraccia in una singolare
sospensione temporale. La tavolozza sfumata e contenuta, fatta di colori nuvoli e sobri, conferisce
all’insieme della disposizione un commovente senso poetico. Così il maestro sembra applicare un filtro
opaco alla realtà, attraverso il quale trapela un enigmatico lirismo. Agli attori delle sue composizioni
Morandi attribuisce di volta in volta una nuova identità, cambiando la direzione della pennellata e
variandone la disposizione. La natura di Morandi è silente, intima e povera, tutt’altro che banale e mai
identica a sé stessa: egli sublima un genere umile al più alto intento.
È il regista Ferzan Ozpetek a restituirci una delle immagini più integre e dense della poetica di questo
artista 1 :
“Gli spazi immaginari del pittore sono abitati, nonostante l’assenza di forme umane; e sebbene siano
statici – come i fotogrammi cinematografici – esprimono vita e movimento. Il tempo e la memoria, con
tutte le loro peculiarità, sono parte essenziale di questa visione”.
Giorgio Morandi intese mostrare ciò che alla visione sfugge, cercando l’eternità nel momento e
riscoprendo la poesia del quotidiano. Attraverso il silenzio che promanano le sue vetrerie e la luminosa
intimità dei suoi bricchi ricoperti di gesso, il maestro ci invita a meditare sulla complessità della nostra
esistenza. Ci ricorda che anche nelle nostre vite frenetiche c’è sempre spazio per fermarsi a riflettere.
CREDITI FOTO: Morandi – Bottiglie e fruttiera,  Wikimedia CommonsJackrosso
[1] Ferzan Ozpetek, Appunti su Giorgio Morandi, Paragone Arte, 62, 2011, pp. 3-7



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