Rissa in parlamento? No, è aggressione squadrista

Quanto accaduto lo scorso 12 giugno alla Camera dei deputati rappresenta una novità assoluta nella nostra storia repubblicana, perché è la prima volta che un parlamentare viene aggredito da un manipolo di colleghi, con l’evidente intenzione di pestarlo. Le risultanti sanzioni sono tenue e contraddittorie, a danno sia degli aggressori che dell’aggredito. Lo scopo di queste strane sanzioni è chiaro: far passare come una rissa quella che è stata un’aggressione, mettendo sullo stesso piano i colpevoli e la vittima, come, del resto, sta tristemente facendo gran parte dell’informazione, non solo quella schierata apertamente a destra.

Germano Monti

Esistono parlamenti in cui gli scontri violenti fra i rappresentanti del popolo sono abbastanza frequenti, ma si tratta di Paesi molto lontani dal nostro, non solo geograficamente. Sono Paesi come Taiwan, le Maldive, la Georgia, tutti caratterizzati da situazioni non paragonabili a quella dell’Italia. Da quando abbiamo superato – a carissimo prezzo – la dittatura fascista, sia alla Camera che al Senato della Repubblica non sono mancati momenti di tensione ed anche qualche scontro fisico, ma si parla di episodi quasi folcloristici, sempre deplorevoli ma perlopiù a carattere personale, come il ceffone mollato nel 2010 dal deputato del Pd Carlo Nola al collega dell’Italia dei Valori Francesco Barbato.
Quanto accaduto lo scorso 12 giugno alla Camera dei deputati rappresenta una novità assoluta nella nostra storia repubblicana, perché è la prima volta che un parlamentare viene aggredito da un manipolo di colleghi, con l’evidente intenzione di pestarlo per benino. I fatti sono noti, anche perché – altra novità assoluta – sono stati ripresi in numerosi video, poi trasmessi da tutte le emittenti nazionali e di mezzo mondo, regalando al Parlamento italiano un’immagine simile a quella delle analoghe istituzioni di Taiwan, Maldive e Georgia.
Nel corso del dibattito sulla cosiddetta autonomia differenziata, il deputato del Movimento 5 Stelle Leonardo Donno si avvicina a Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, sventolando una bandiera dell’Italia, con l’intenzione – sembrerebbe – di consegnarla al Ministro. L’azione simbolica non riesce, perché il deputato viene subito bloccato da due commessi e immobilizzato con la sua bandiera in mano. Immediatamente, un nutrito gruppo di parlamentari della maggioranza di destra si lancia contro Donno, costringendo altri commessi ad intervenire precipitosamente per proteggere il malcapitato dalla violenza degli aggressori, che lo colpiscono con calci e pugni, facendolo cadere a terra senza fiato, tanto che dovrà essere portato via su una sedia a rotelle. Fortunatamente, grazie al pronto intervento dei commessi, la prognosi per il deputato Donno sarà di pochi giorni, salvo complicazioni.
Due aspetti di questa vicenda colpiscono particolarmente: le biografie degli aggressori e la tenuità delle sanzioni a loro comminate. Le storie degli aggressori, riconosciuti come tali dalla vittima, sono state sintetizzate dal giornalista di Repubblica Paolo Berizzi, autore di numerose inchieste sul neofascismo che, a causa delle minacce di morte ricevute, è costretto a vivere sotto scorta dal 2019. Su Vincenzo Amich, Berizzi scrive che il quarantaseienne, originario di Casale Monferrato, prima di entrare in Fratelli d’Italia, è stato “operaio nel settore del legname, fuciliere assaltatore nella Brigata Paracadutisti Folgore e macchinista per Trenitalia. Deputato dal 2022. Sui social gli amici lo chiamano camerata. Lui non delude. Maglietta con scritta ‘Memento audere semper’, la X della Decima Mas tatuata sul braccio”. Molto istruttiva anche la biografia di Federico Mollicone, di Fratelli d’Italia, presidente della Commissione Cultura, scienza e istruzione della Camera: “Federico Mollicone, soprannome “Mollica”, big meloniano cresciuto nella storica sede dell’Msi di Colle Oppio. Sedicente “intellettuale della destra” di potere, Mollicone due anni fa si lancia in una crociata contro “Peppa Pig” (…) L’irascibilità del “Mollica” è testimoniata da un video di giugno 2022. In commissione Istruzione si parla di ‘Ius scholae’. Il capogruppo FdI Mollicone aggredisce verbalmente i colleghi”. In quanto “intellettuale della destra”, si guadagna una certa notorietà nel 2019, quando si schiera a favore della libertà di espressione dei Fascisti del III Millennio di CasaPound.
Quanto a Gerolamo ‘Gimmi’ Cangiano, Berizzi lo descrive così: “Classe ’81, famiglia casertana, si forma nel Fronte della gioventù. Nel 2020 sceglie il noto motto fascista (“Me ne frego”, n.d.r.) come slogan per la campagna delle regionali in Campania: polemiche e proteste. Ma tant’è. Cangiano nel 2022 entra in parlamento”.
Della “squadra” che ha aggredito Donno fanno parte anche alcuni parlamentari leghisti. Continua Berizzi: “Sugli scranni della Camera siede — dal 2018 — un altro degli aggressori di Donno: il leghista Igor Iezzi. Un fedelissimo di Salvini da quando, era il 2012, è eletto consigliere comunale a Milano. Da anni è vicinissimo ai neo-nazifascisti di Lealtà Azione, espressione politica del violento circuito dei suprematisti Hammerskin: “Lo abbiamo fatto eleggere noi”, dicono i ‘lealisti’ nel 2018. I capi di La sono Stefano Del Miglio e Giacomo Pedrazzoli, condannati per violenze e pestaggi politici. Iezzi è ospite abituale ai loro raduni”. Naturalmente, nella recente campagna elettorale per le elezioni europee, Iezzi si è speso moltissimo per il generale Roberto Vannacci. Iezzi risulta il solo reo confesso, avendo dichiarato di aver “provato a dare cazzotti” al povero Donno (difficile negarlo, dato che i video lo riprendono impegnatissimo nel tentativo) ma rammaricandosi per non essere riuscito a colpirlo. Leghista è anche Stefano Candiani, che lo scorso anno dichiarò che “l’Italia non è il centro raccolta e la discarica del Mediterraneo”, nel bel mezzo di stragi di migranti annegati. Prima, nel 2017 commentò così il video shock di una bimba che piangeva di gioia per un fucile ricevuto in dono: “La legittima difesa è sacra. L’aggressore paga il prezzo, se mi entri in casa non ti devi stupire se entri in un modo e esci in un altro”. Un altro leghista, Domenico Furgiuele, appare estraneo all’aggressione contro Donno, ma ha pensato bene di omaggiare con il segno della X della Decima MAS i parlamentari delle opposizioni che, dopo il pestaggio, avevano intonato “Bella ciao”, salvo poi sostenere che, con quelle dita incrociate, intendeva riferirsi al noto contest musicale X Factor.
L’altro elemento sconcertante della vicenda è costituito dalla tenuità e contraddittorietà delle sanzioni irrogate dall’Ufficio di Presidenza della camera dei Deputati: quindici giorni di sospensione a Iezzi, sette a Mollicone, Cangiano, Amich e al musicologo Furgiuele. 3 giorni anche ad Amendola e Candiani della Lega. Ma sanzioni anche per chi ha tentato di fermare l’aggressione: 7 giorni a Stumpo del Partito Democratico, 2 a Stefanazzi e Scotto del Pd, e – incredibilmente – 4 giorni anche allo stesso Donno, evidentemente colpevole di essere stato aggredito e pestato.
Lo scopo di queste strane sanzioni è chiaro: far passare come una rissa quella che è stata un’aggressione, mettendo sullo stesso piano i colpevoli e la vittima, come, del resto, sta tristemente facendo gran parte dell’informazione, non solo quella schierata apertamente a destra. Giova sottolineare che a favore della decisione dell’Ufficio di Presidenza della Camera, passata con 10 voti a favore e 7 contrari,  si sono pronunciati, oltre agli esponenti della maggioranza di destra, anche Roberto Giachetti di Italia Viva e Benedetto Della Vedova di +Europa. Se questi ultimi avessero votato come le opposizioni (di cui, teoricamente, fanno parte) non avremmo assistito allo stravolgimento della realtà dei fatti operato dall’Ufficio di Presidenza della Camera.
Successivamente, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha detto la sua, confermando l’assunto che vuole che la Storia non si ripeta mai, se non in farsa. A cento anni esatti dall’assassinio di Giacomo Matteotti e dalla sfacciata rivendicazione pubblica del delitto da parte del Duce, la sua pronipotina ha difeso i picchiatori, addossando la responsabilità dell’accaduto alla vittima del pestaggio, colpevole di aver lui provocato l’incidente e i conseguenti danni all’immagine internazionale del paese.
Purtroppo, a giorni di distanza dall’aggressione subita dal parlamentare dei 5 Stelle, gli organi di informazione più importanti continuano a definire quell’episodio come una “rissa” o una “bagarre”, nonostante l’evidenza dei fatti. Un secolo fa, la pavidità e l’irresolutezza delle opposizioni diedero un grande contributo alla definitiva affermazione della dittatura fascista. Oggi, non c’è il rischio di tornare alla camicia nera e al sabato con i salti nel cerchio di fuoco, ma l’attacco ai diritti – civili e sociali – è ormai quotidiano ed è noto che la quotidianità, in assenza di reazioni forti e determinate, ci mette poco a diventare abitudine e assuefazione. La sinistra francese lo ha capito e nel giro di tre giorni si è unita attorno ad un programma avanzato e unitario, archiviando le ambizioni dell’ennesimo astro nascente del cosiddetto riformismo, quel Raphael Glucksman che ha dovuto rimangiarsi i veti contro La France Insoumise e precipitarsi ad aderire al Nuovo Fronte Popolare. Purtroppo, a guardarla da qui, la Francia sembra più lontana della luna.
CREDITI FOTO: Rissa in Aula, Donno colpito cade, poi esce in carrozzina, 12 giu 2024, ANSA / MASSIMO PERCOSSI



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