Teresa Antignani e i martiri di cantiere: Martyrion a Malta

Teresa Antignani alla prima biennale di Malta con un'opera che racconta la storia di Jean Paul Sofia, lavoratore edile vittima di una strage sul posto di lavoro che ha segnato l’isola. La visita ha Malta è stata per l’artista un’occasione di incontrare Moviment Graffitti e di continuare “Martyrion”, un progetto artistico, etico e politico che riscrive il resoconto sugli scempi ambientali dando voce alle ingiustizie socio-economiche conseguenti. Malta è al primo posto in Europa per l’aumento di porzioni di terreno occupate da materiali edili, ed è in questa terra, accompagnata da Moviment Graffitti, che l’artista è entrata in contatto con gli scempi socio-amientali che martoriano le comunità intenzionate a resistere.

Emanuela Marmo

In occasione della chiusura di Malta biennale art, i cui temi hanno riguardato il Mediterraneo, la femminilità nelle culture del sul del mondo, la pirateria, il post-colonialismo, con la curatela di Emma Mattei e Elisa Carollo Teresa Antignani è stata premiata per Deposizione 2024, opera pittorica esposta presso il Grand Master’s Palace nella sezione del Matri-archivio del Mediterraneo.
La tela è ispirata alla vicenda di Jean Paul Sofia e a sua madre, Isabelle Bonnici: un crollo nel cantiere di Kordin ha ucciso Jean Paul due anni fa e ferito altri cinque lavoratori. Il giovane aveva vent’anni.Installation view dell’opera Deposizione (olio su tela, 270 cm x 500 cm) esposta al Grand Master’s Palace, Ph Julian Vassallo

Teresa Antignani lavora sulle storie di resistenza che incontra nei territori. Per la Biennale maltese, alla sua prima edizione diretta da Sofia Baldi Pighi e patrocinata da Heritage Malta e Unesco, attraverso la speculazione edilizia l’artista è entrata in contatto con un fenomeno particolarmente esteso nell’arcipelago, al primo posto in Europa per l’aumento di porzioni di terreno occupate da materiali edili. L’argomento si pone in continuità con Martyrion, un progetto artistico, etico e politico, che riscrive il resoconto sugli scempi ambientali dando voce alle ingiustizie socio-economiche conseguenti: ricostruire il tracciato artistico di Teresa significa interpretare vicende locali che però sono sistemiche, dunque di interesse globale. Per questo viaggiamo con lei.
Il 21 maggio Teresa fa ritorno a Malta. La premiazione non è stata ancora annunciata. L’artista desidera portare a compimento la sua “discesa nelle madri”, quindi incontra Isabelle Bonnici, che non aveva conosciuto di persona. La accompagna a vedere l’imponente dipinto che la raffigura con il figlio.

In questo pomeriggio accade qualcosa di più importante che uno scambio di reciproca gratitudine: sullo sfondo della biennale di Malta, Martyrion pianifica la sua prima tappa fuori Italia. Le due donne, insieme a Sara Terracciano, decidono di portare Martyrion sul cantiere dove Jean Paul ha perso la vita e su cui, dopo il tragico evento, la madre non ha fatto più ritorno.
Il cantiere è sotto sequestro, non può essere manomesso. La sola cosa che sembra cambiare, giorno dopo giorno, sono i fiori che il padre di Jean Paul va a posare abitualmente sul luogo dell’incidente. Prima di studiare la messa in scena per lo scatto fotografico che sarà realizzato da Sara, Teresa riceve tra le mani un dono di Isabelle: una busta contenente portachiavi, penne, adesivi, volantini, tutti contrassegnati dal volto di Jean Paul Sofia. Sono i piccoli strumenti di lotta con cui una madre si fa forte innanzi alle istituzioni, ai costruttori e alle autorità.

Teresa Antignani e Isabelle Bonnici durante il lavoro di composizione dello scatto di Martyrion. Sullo sfondo le macerie che hanno seppellito Jean Paul Sofia. Ph. Sara Terracciano, Kordin.

È il 23 maggio. Teresa e Sara scendono nelle ferite maltesi andando oltre la storia di Isabelle e al tempo stesso incorniciandola secondo le linee di complessità indispensabili a rappresentarne la portata. Ci sono altre ragioni per cui questa storia è così importante? Ebbene, la morte di Jean Paul ha determinato un’inchiesta pubblica che per vastità di effetti è seconda solo a quella seguita all’attentato che fece saltare in aria la giornalista Daphne Caruana Galizia.
È Andrè Callus, attivista di Moviment Graffitti, che aiuta Teresa e Sara a interpretare i dati politici della tragica vicenda di Jean Paul Sofia: fu un fatto particolarmente grave non solo perché nessuna delle autorità di regolamentazione edilizia, dall’OHSA e BCA a Malta Enterprise e INDIS, si fece carico di supervisionare il cantiere, ma perché ciò accadde per un’anomalia giuridica. “Anomalie” di questo genere servono appunto a rendere possibili azioni e omissioni che favoriscono i profitti dell’edilizia. La frammentazione del quadro normativo si replica in altri settori, in particolare quello della pianificazione dello sviluppo e all’ambiente. Sebbene l’inchiesta di Jean Paul abbia provocato qualche dimissione nel comparto amministrativo (non in quello politico), di fatto il governo maltese sta ancora modificando le norme per consentire uno sviluppo più intenso. Che le cose non migliorino lo dimostra, ad esempio, che i responsabili di un altro grave incidente, in cui il crollo provocato dalle attività di un vicino cantiere procurò la morte a una donna di nome Miriam Pace, oggi stanno vincendo appalti pubblici. Teresa e Andre Callus nella sede del Moviment Graffitti, La Valletta, Ph Sara Terracciano.

Moviment graffitti, che riunisce circa 70 membri operativi, suddivisi su questioni specifiche, ha guidato Teresa e Sara in un tour negli scempi di Malta. Ha seguito il percorso anche Luca Ciriello, documentarista di @lunia.film. La loro esperienza mi ha ricordato quella che ho avuto a mia volta in Campania, guidata da Stop biocidio. Adesso però siamo con Teresa, con Sara, con Luca e percorriamo con loro una lunga strada costiera, da nord a sud, che passa per la Valletta e attraversa cantieri, tocca scheletri di strutture, sosta lungo aree in attesa di autorizzazione per nuove edificazioni.
Mappa del percorso realizzato con Andre Callus disegnata da Teresa. 

Le tappe del percorso localizzano le proteste a esse collegate, proteste di cittadini che non si oppongono al progresso o a un maggiore benessere, bensì a un’economia di consumo e sfruttamento. Arriviamo quindi sul cantiere di Kalanka a Delimara: qui l’Autorità di Pianificazione ha dato il via libera alla riprogettazione di un hotel con vista sulla baia: sebbene sia stato progettato come eco-hotel, a ogni variante autorizzata il comparto guadagna metri quadri di terreno in più. Arriviamo a Marsascala: il mare è blu ed è ricco di praterie di posidonia. È una pianta acquatica dalla notevole importanza ecologica, infatti protegge la costa dall’erosione, nutre e ospita molti organismi. Qui si sviluppa un villaggio di pescatori. Nel 2022 fu resa nota l’intenzione di costruire un porto turistico. I residenti si sono ribellati perché non fossero alterati l’economia locale e il delicato ambiente geo-marino. Il progetto viene annullato assecondando le istanze della comunità. Poi il Ministro delle infrastrutture ha annunciato che si entrerà invece nella seconda fase attuativa, in spregio alle rimostranze di chi vede la baia come qualcosa di più di un semplice lotto da spartire. Le lotte hanno ripreso: i residenti erano già stati privati di spazi aperti, offerti prima a un campus, poi a un campo di pallanuoto proprio in area balneabile e infine all’imminente riqualificazione di un hotel. Le proteste hanno ottenuto l’impegno a modificare il piano regolatore per aumentare la tutela del terriotrio: il progetto non si farà. Da qui passiamo a Tigne Point. Sull’area di parcheggio dell’ex Fiera Campionaria potrebbe un megaprogetto di 10 piani, a soli 70 metri dal già previsto Palazzo Parisio e dall’area di conservazione urbana di Naxxar. Gli attivisti di Moviment Graffitti hanno denunciato l’inutilità di altri 113 appartamenti, per i quali vanno calcolati circa 2 mila viaggi in auto al giorno, in un comparto urbano già congestionato dal traffico. Il progetto per giunta non rispetta i vincoli d’altezza, secondo i quali non si può edificare su crinali superiori a 25 metri sul livello del mare. Il sito in questione si trova a 126 metri. L’impatto visivo non lascia indifferenti, il fabbricato infatti consiste in un blocco massiccio che rompe con violenza il tradizionale skyline maltese. Gli attivisti hanno ottenuto un ripensamento della proposta architettonica. Nel frattempo giungiamo in un luogo emblematico della situazione di Malta, in cui lobby e potenti si impossessano di spazi pubblici, chiudendo l’accesso alla costa: Manoel Island, prima che fosse concessa al MIDI, apparteneva a tutti i maltesi. Per sedici anni, ovvero finché gli attivisti non hanno forzato i cancelli e dato il via a un’occupazione sostenuta persino dai più anziani, desiderosi di ritornare nel luogo dei loro ricordi d’infanzia, l’isola di Manoel e la sua fortezza storica sono state destinate a esclusive attività a pagamento. Più avanti Pembroke racconta, invece, una lunga battaglia legale: era prevista la costruzione di una torre di 37 piani e di un hotel di 17 piani. Il permesso, concesso nel 2017, è stato revocato un paio di anni dopo, quando fu dimostrato che un membro del consiglio dell’Autorità di Pianificazione avrebbe beneficiato finanziariamente dell’operazione attraverso un’agenzia immobiliare di sua proprietà. Il gruppo edile ha ridimensionato il progetto, per ottenere una nuova concessione nel 2021. I ricorsi presentati dagli oppositori, purtroppo, non hanno avuto successo. Foto del cantiere di Pembroke allo stato attuale scattata da Sara Terracciano durante il tour con Andre Callus.

Ancora a Qawara, in un’area ad alto potenziale archeologico, l’Autorità di Pianificazione ha concesso il permesso per la riqualificazione dell’Amazonia Beach Club a St Paul’s Bay. L’aumento dell’altezza del progetto, un aumento di 11,5 metri, e la creazione di nuove strutture sul lungomare incidono sul paesaggio, violando le stesse politiche del piano locale. Ci troviamo, inoltre, nelle immediate vicinanze di due siti marini, a confine con una zona di grande importanza ecologica: qui vive la più grande colonia maltese di berte minori mediterranee. A 50 metri ci troviamo, infine, a Xemxija, dove l’Autorità di Pianificazione ha concesso i permessi per la costruzione di 744 unità abitative. Il progetto è contestato per l’inquinamento acustico, per lo sviluppo in altezza non adeguato al crinale, per l’incremento di traffico che determinerebbe. Teresa e Andre Callus lungo i sopralluoghi a Xemxija, ph Sara Terracciano

Tutte queste costruzioni enormi, impattanti, e tuttavia lussuose, sono cantieri. L’edilizia sfrenata porta dietro di sé consumo di suolo, abusi ambientali, violazioni dei diritti dei lavoratori, sfruttamento estrattivista, inquinamento ambientale e distruzione del paesaggio. Rappresenta una forma di economia di rapina, portatrice di flussi di mezzi e merci non sostenibili.  L’edilizia sfrenata porta dietro di sé morti bianche.  La ripresa di Martyrion con la storia di Jean Paul Sofia ha adesso tutto un altro peso. Non è una mera biografia commovente, un quadro di fatale eccezione, un aneddoto di ingiustizia maltese. Sta per diventare il simbolo di un globale omicidio.
La madre e le artiste sono sul cantiere. La madre vi ritorna per la prima volta dopo la perdita del figlio. Depone tre girasoli. L’artista sveste la madre. Le sfila le scarpe. Le toglie l’orologio. La scena è quella della Pietà. Teresa sostituisce il figlio: si adagia, corpo contro corpo, sulle ginocchia della madre, che adesso è tutte le madri. Sara Terracciano fotografa. Luca Ciriello filma. Particolare delle riprese di backstage durante lo scatto sul cantiere di Kordin. La mano di Isabelle sfiora il volto di Teresa. Riprese Luca Ciriello.

Cos’è il martirio?
È la morte violenta, sono le torture o le sofferenze subite, cionondimeno accolte, pur di non rinnegare la propria fede o le proprie convinzioni.
La parola deriva dal greco μαρτύριον, che significa “testimonianza”. Nel progetto artistico di Teresa Atignani il martirio subito non è voluto, non è accettato. La testimonianza è una forma di resistenza e di lotta.
Le figure che si offrono alla rappresentazione, che riscrivono in senso politico gli equilibri simbolici, denunciano la violenza rispetto alla quale non c’è vocazione volontaria all’identificazione o all’immedesimazione. Il martirio, però, afferma la complessità dei motivi e delle condizioni che ci permettono di “vedere” la superiore legge e la dismisura con cui i poteri incombono sulle vite comuni. La composizione pittorica trova nella sublimazione simbolica una dimensione di riscatto che la testimonianza delle vittime cerca per le proprie narrazioni.
Jean Paul Sofia può essere il figlio di una pietà universale? Potrebbe esserlo nel nostro Paese, per esempio?
Carlo Soricelli è un metalmeccanico in pensione. Nel 2008, per ricordare le vittime della ThyssenKrupp di Torino, morte in tragico incidente, ha creato un Osservatorio Nazionale morti sul lavoro. Ci spiega che la stampa si sta sforzando di dimostrare che le morti bianche siano in calo. In realtà la percezione del fenomeno è alterata perché vengono generalizzati criteri parziali. Ad esempio, avvalersi dei dati Inail del 2023 non significa altro che considerare gli “indici occupazionali”, tralasciando che il 30% dei morti non ha nessuna assicurazione o ne ha una diversa. L’Osservatorio di Soricelli, invece, ci informa che la media delle vittime attuali è del tutto simile a quella di quindici anni fa: questo vuole dire che per quanti Jean Paul muoiano, la storia non cambia: perché a Dio i martiri | non gli hanno fatto mai cambiar giudizio (Giorgio Gaber).
Il viaggio di Teresa a Malta non termina davvero con la premiazione. Termina con un momento di solitudine su una scogliera. C’è vento e Teresa sventola la bandiera di Albanova cucita dalla sua famiglia. Le braccia le fanno male. Le sembra di avere davanti e dietro di sé tutte le madri incontrate. La discesa alle Grandi Madri che Faust compie nel cuore tenebroso del mondo, del tutto formarsi, trasformarsi, eterno gioco dell’eterno senno (come commenta Mefistofele a proposito delle metamorfosi cui è soggetta la materia), svetta nel punto più alto della scogliera maltese e affiora come emblema della natura repressa: ritornano al loro ipnotico ciclo la promessa e l’horror vacui. La bandiera è pesante. È stata costruita volutamente così, affinché sventolarne il vessillo non fosse mai un atto leggero. Sara Terracciano fotografa. Luca Ciriello filma. MicroMega racconta.
Frame delle riprese di Luca Ciriello mentre Teresa sventola ALBANOVA sulle scogliere di Migra l-Ferha, Rabat, Malta.
CREDITI FOTO DI APERTURA: SARA TERRACCIANO



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