Una buona notizia dalla Francia: la società non si è ancora spoliticizzata

In Francia il primo turno delle elezioni politiche vede una partecipazione di popolo importante. La formazione di estrema destra lepenista ottiene grandi consensi come era ampiamente prevedibile, ma la sinistra è presente. Il modo in cui la società democratica si è organizzata per rispondere alla minaccia del lepenismo in questi giorni, tanto nelle urne e negli accordi politici quanto nelle piazze, rappresenta già una notizia positiva; e per noi, dall'Italia, un motivo importante di riflessione da raccogliere.

Federica D'Alessio

Al di là di ogni valutazione e considerazione sul risultato elettorale, per le quali occorrerà forse aspettare il ballottaggio del 7 giugno visto l’esito incerto della stragrande maggioranza dei seggi, dalle elezioni in Francia di ieri proviene già una notizia, ed è positiva: la società francese ha risposto in massa alla chiamata alle urne, votando con una percentuale superiore di oltre 20 punti rispetto alle politiche, nel complesso oltre il 65% degli elettori ha votato, come non accadeva da almeno 30 anni. Il segnale di una società che non si è ancora spoliticizzata, come sta accadendo invece molto velocemente a quella italiana. Una società in cui è ancora il popolo a essere e a sentirsi sovrano e a prendere in mano la responsabilità della sua sovranità. Questa è, forse, la più grande lezione che arriva dalla Francia di ieri, ed è una lezione che riceviamo dalle urne, non meno che dalle piazze, da quelle antifasciste degli ultimi giorni a quelle sindacali dell’ultimo anno, non meno che dalla capacità dei partiti stessi dell’arco politico francese di rispondere a una minaccia politica – l’affermazione dell’estrema destra di ispirazione direttamente fascista – attraverso la politica: il Fronte Popolare delle sinistre compattatosi in tempo record con un ampio programma condiviso di esplicita resistenza antifascista ha ottenuto un risultato importante, in termini assoluti con oltre il 28% dei voti, ma anche conquistando o andando al ballottaggio in tutti i collegi della città di Parigi, dove la destra non è riuscita a passare: neanche un collegio ha dato la maggioranza al RN, che pure ha ottenuto una ampia affermazione con oltre il 33% dei voti. Doccia fredda sì, ma tutt’altro che inattesa. I toni scandalizzati del giorno dopo per questo risultato hanno un po’ il sapore della commedia.

Quando Emmanuel Macron ha deciso di sciogliere l’assemblea parlamentare subito dopo il risultato delle europee sapeva infatti perfettamente cosa sarebbe accaduto. Come ha raccontato lo scrittore Christian Salmon su MicroMega+, ha agito da “prestigiatore“, che pensava, attraverso mosse tattiche e intrighi, di rendersi indispensabile a qualsiasi equilibrio. Eppure, se ogni realtà politica va giudicata a partire da un contesto, l’atto di prestidigitazione che passa per la chiamata alle urne visto da qui, dall’Italia, non può che apparire quasi benedetto, visto quanto a lungo siamo stati abituati a manovre di palazzo che finivano nei rimpasti di palazzo, nei governi di unità nazionale, nelle tecnocrazie in varie salse e negli accordi di crisi di governo decisi da chi, come Luigi Di Maio o Enrico Letta nelle scorse elezioni, appena dopo aver portato a casa il risultato della disintegrazione di ogni alleanza progressista, si ritirano in buon ordine nelle loro carriere nell’alveo, ancora quella, della tecnocrazia.

Ecco dunque che tutto ciò che accadrà nei prossimi giorni in Francia avrà, comunque vada, un connotato politico. I liberali di Ensemble e i repubblicani dovranno giocare a carte scoperte. Se la pratica della desistenza – che ieri il Nuovo Fronte Popolare ha con immediata trasparenza e lealtà dichiarato di voler praticare verso Ensemble in tutti i collegi in cui il loro candidato è arrivato terzo – non verrà messa in atto ai ballottaggi dal segmento liberale, questo stesso segmento se ne dovrà assumere la responsabilità di fronte alla popolazione, e alla società democratica. La sera stessa dei risultati del primo turno, il Primo Ministro francese Gabriel Attal ha parlato molto chiaramente di strategia della desistenza in chiave antifascista, con la stessa consegna delle sinistre: “Neanche un voto alla destra“.

Se infine l’establishment legato ai liberali dovesse decidere diversamente, e come già si ode in diversi editoriali prevalesse la sciagurata linea degli opposti estremismi, sarà la società democratica a dover opporre resistenza al potere fascista nelle istituzioni. In Francia, la società democratica è un soggetto politico e l’ha dimostrato più e più volte. Un soggetto politico diviso, lacerato, attraversato da mille contraddizioni, ma presente, ancora sovrano. In Italia la società democratica come soggetto politico è ormai quasi estinta, e prova ne sia la debolissima resistenza di piazza a un governo che sta facendo strame di ogni principio basilare democratico, e per quanto riguarda la giustizia economica e sociale, e per quanto riguarda i diritti democratici (non chiamateli civili o sociali!) di ogni persona. Da sé, sarebbe dovuta bastare l’approvazione dell’autonomia differenziata per far riversare in piazza milioni di persone. Non è andata così: la grande quantità di comitati e realtà che si sono attivate da anni per fermarla non possono dirsi, in tutta evidenza, una risposta di massa. Non è mai troppo tardi; prendere spunto da come nella società francese, a noi prossima da così tanti punti di vista, si organizza una resistenza politica e sociale ai fascisti, al di là del risultato elettorale in sé, è nel nostro interesse.

CREDITI FOTO: © Vincent Isore/IP3 via ZUMA Press via ANSA



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