Una parte di passato con cui la Germania deve fare i conti

“I confidenti”, esordio dell’autrice tedesca Charlotte Gneuss, pubblicato da Iperborea in Italia, è un romanzo potente sulla Ddr, che colma il vuoto intorno a una questione nazionale troppo relegata ad affare regionale: cerca di fare i conti con il passato comunista della Germania. Lo fa attraverso la voce narrante di una giovanissima, in maniera provocatoria e straniante, indagando l’ambiguità di un mondo dove l’innocenza e il potere si intersecano di continuo nella vita degli adolescenti che, prima ancora di aver raggiunto una maturità politica, sognano di scappare verso l’Occidente.

Simone Zoppellaro

Da Ludwigsburg, cittadina del Sud-Ovest tedesco a pochi chilometri da Stoccarda, il comunismo sembra una prospettiva lontana. Tre castelli, un mercatino di Natale barocco assai popolare, e una piazza centrale dove una chiesa cattolica e una riformata, più grande, si osservano faccia a faccia. Siamo nel cuore della Svevia, terra di motori e industrie, un luogo che come pochi sembra illustrare la celebre tesi di Max Weber sull’etica protestante alle origini del capitalismo.
Eppure, a soli nove chilometri da qui si trova il carcere di Stammheim dove fra 1976 e il 1977 i membri della Raf Ulrike Meinhof, Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jan-Carl Raspe trovarono la morte, suicidi o fatti uccidere. A Stoccarda, sulla loro tomba al cimitero di Degerloch (manca solo la Meinhof, sepolta a Berlino) troviamo fiori freschi a ricordarci che, anche a distanza di quasi mezzo secolo, non mancano i simpatizzanti per la loro parabola di sangue. Fu Manfred Rommel, figlio del feldmaresciallo e sindaco di Stoccarda nel dopoguerra, a decidere di assegnare loro una sepoltura dopo un aspro dibattito: molti si opponevano. Sempre nel capoluogo svevo, nel cimitero di Ostfilder, a pochi minuti dalla casa-memoriale della rivoluzionaria Clara Zetkin, si trova anche la tomba di Hanns-Martin Schleyer, ucciso da quegli stessi terroristi al culmine dell’autunno tedesco, nel 1977.
Non solo: tante sono le persone che conosco a essere arrivate qui dalla Ddr. Molti dopo la caduta del Muro, nei primi anni della riunificazione e del perdurare dello squilibrio economico fra Est e Ovest. Altri invece fuggiti da quello Stato, rischiando la vita, quando ancora esisteva. Fra loro, provenienti da Dresda, anche i genitori di Charlotte Gneuss, giovane autrice di Ludwigsburg che molto ha fatto discutere di sé grazie al suo esordio, I confidenti, da poco edito da Iperborea nell’ottima traduzione di Silvia Albesano.
Un romanzo potente sulla Ddr scritto da un’autrice che non solo è venuta al mondo dopo la fine della dittatura della Sed, ma che in quel territorio non è neppure nata o cresciuta – cosa che ha generato non poche polemiche circa un suo presunto tentativo di appropriazione culturale. All’opposto: il lavoro di Gneuss, come ricorda lei stessa, colma un vuoto. Quello di una damnatio memoriae che ha relegato quella storia a una questione pressoché regionale. Tanto si memorializza e discute il nazionalsocialismo, qui in Germania – dalle scuole, ai media, al mondo della cultura – quanto in modo sistematico si omette il ricordo del socialismo di Stato e del suo tragico percorso nel Novecento, dalla Repubblica Bavarese dei Consigli del 1918, durata neppure un mese e repressa nel sangue, fino alla ben più nota Repubblica Democratica Tedesca.
Anche il fenomeno dell’Ostalgie, nei suoi risvolti commerciali e di folclore, non fa che confermare l’incapacità della Germania odierna di affrontare il suo passato comunista – e gli effetti deleteri di ciò, sia detto per inciso, sono forse utili per intendere l’esito disastroso delle ultime elezioni europee.
In ben più stabile direzione muove i suoi passi il lavoro di Gneuss, che grazie a una narrazione robusta e accattivante, mai superficiale, traccia l’affresco di un mondo scevro da romanticismi o facili demonizzazioni. Siamo a Gittersee, sobborgo di Dresda che dà il titolo al romanzo in tedesco. L’anno, il 1976, non è per nulla casuale. Se a Ovest si consumavano i fatti di sangue di cui sopra, nella Germania comunista cadevano, per molti, le ultime illusioni: il pastore protestante Oskar Brüsewitz morì dopo essersi dato fuoco per protestare contro la repressione di Stato, mentre il poeta e cantautore Wolf Biermann, che dalla sua nativa Amburgo aveva scelto di trasferirsi nella Ddr per la sua fede nel comunismo, veniva privato della cittadinanza, impedendogli di rientrare a Berlino Est dopo un concerto fatto a Colonia, nell’Ovest.
La sedicenne Karin, che ci accompagna per l’intera narrazione, viene abbandonata dal suo grande amore, Paul, aspirante artista fuggito oltre la frontiera dopo non essere stato ammesso alla scuola d’arte. Attorno a lei, disillusione e rabbia repressa, oltre a un’incomunicabilità fra generazioni già ritratta in letteratura da Anna Seghers, contribuiscono a far precipitare la nostra protagonista nella tela di Wickwalz, agente della Stasi – figura per niente scontata nel suo coniugare insieme idealismo e cinismo, empatia e manipolazione.
I confidenti, premiato con lo Jürgen Ponto-Preis e l’aspekte-Literaturpreis, è un romanzo spietato e lucido che opera una disamina di un fenomeno poco noto, almeno per quanto riguarda la Germania orientale (più spesso se ne è discusso per l’URSS): quello degli informatori minorenni della Stasi, ragazze e ragazzi ricattati dai servizi di sicurezza con l’obiettivo di farne delatori di famigliari e amici.
Straniante e provocatorio, lo sguardo di Gneuss ci spinge a indagare l’ambiguità di un mondo dove l’innocenza e il suo rovescio, il potere, si intersecano di continuo nella vita degli adolescenti che, prima ancora di aver raggiunto una maturità politica, già sognano una fuga in un altrove che può essere l’Occidente, come anche la cima di un monte o la luna degli astronauti.



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